B. Traven La rivolta degli appesi
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Messico, 1910 circa. Cándido Castro, indiano tsotsil del Chiapas, in seguito a una serie di sfortunati eventi, si ritrova a lavorare come taglialegna nei campi di mogano di una famiglia di latifondisti e sfruttatori dei nativi indiani, i quali vengono persino puniti appesi per le membra se non abbattono le quattro tonnellate giornaliere di legname richieste, e tutto per un mero capitalistico profitto…
Nella dimensione via via sempre più corale del romanzo, i dannati del regno del mogano – guidati da Modesta, Celso, il Professore, il Generale e altri – si ribelleranno per riprendersi la libertà, la terra, la propria vita, al grido rivoluzionario di “Tierra y Libertad”!
Illustrazione di copertina di Claudio Losghi.
- Pagine
- 256
- Formato
- 13 x 23
- Rilegatura
- Brossura in filo refe nero
- Lavorazioni speciali
- Fustella
- ISBN
- 978-88-945566-5-0
- Collana
- Neri
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Spilla 45mm ø WoM by Posada "Tierra Y Libertad!", Ricetta per Cocktail "Molotov" d'eccezione, Inserto "Gli Utopisti" di Ricardo Flores Magón (Anarchico Rivoluzionario), Inserto "Nessun Capo è Insostituibile" di B.Traven |
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RECENSIONI
La denuncia contenuta in questo libro arriva da un secolo che può sembrare lontano, ma dal quale l’immorale disumanità continua imperterrita in molti angoli dimenticati del mondo contemporaneo. Questo libro, comunque, parla forte e chiaro anche a noi, comunicando valori irrinunciabili in ogni condizione di vessazione o sfruttamento, quali il coraggio, la lotta comune. E, soprattutto, la dignità.
Carlo Crosato, ne IlManifesto (14.01.2022)
Un manuale per l’insurrezione senza prigionieri né scrupoli di coscienza. Dentro le immagini spaghetti western galoppa già il Tarantino di Bastardi senza gloria più ancora che di Django. Qualche personaggio crede ancora in molte cose, qualche altro è già sul punto in cui crede solo nella dinamite. È una storia in modo classico, di oppressioni crudeli che altrove hanno per vittima gli schiavi importati dall’Africa all’America, i colonizzati, gli emigrati, i diversi. Qui, gli indiani del Chiapas, turlupinati e indotti a lavorare nella giungla per ottenere l’oro scuro: il mogano.
Gabriele Romagnoli in Robinson di Repubblica (16.01.2022)
Il romanzo, che ha magnifiche descrizioni della vita nella giungla, è un inno alla «rivoluzione totale». Non sappiamo se gli indios vinceranno o meno, quello che ci racconta lo scrittore è il momento in cui scoppia e si organizza la rivolta, in una sorta di estasi del terrore. Il libro stesso tesse l’elogio del terrore rivoluzionario, della violenza cieca e indifferenziata degli oppressi vista come una ragione della storia: lo scrittore la accetta come qualcosa di inevitabile e necessario. E’ un romanzo duro, un pugno nello stomaco appassionante e nello stesso tempo inquietante. B. Traven non è un marxista ma piuttosto un anarchico, i suoi inni alla rivoluzione ricordano gli stessi temi che agiteranno la guerra civile in Spagna e la divisione tra le forze repubblicane.
Mario Baudino ne LaStampa.it (25.01.2022)
Il tema della lotta di classe, della rivoluzione, dello sfruttamento capitalistico dell’uomo, delle pratiche libertarie, del resto, al di là dell’identità anagrafica dello scrittore scandiscono da sempre il suo cammino.
Massimo Novelli ne Il Fatto quotidiano del 13.03.2022
B. Traven costruisce una narrazione avvincente dando voce agli ultimi della società messicana. Non c’è da stupirsi che venga spesso rivendicato come uno degli autori simbolo della letteratura messicana del Novecento,
Anja Boato in Il Rifugio dell’Ircocervo, 30.05.2022
La rivolta degli appesi è quindi un romanzo storico intriso da una profonda critica sociale e politica avvallata da ricche e utili descrizioni sulla struttura sociale dell’epoca.
Lorenzo Gafforini in Magma Magazine (03.06.2022)
L'autore
Così, nel 1926, in una lettera inviata al proprio editore americano, B. Traven avvertiva: «Quando si cerca un lavoro da guardiano notturno o da lampionaio, viene richiesto un curriculum vitae. Ma questo non è qualcosa da pretendere da un lavoratore che crea opere intellettuali. È poco educato ed è un invito alla menzogna…». Utilizzando tutte le tecniche di mimetizzazione per sovvertire le trappole dell’identità, quest’eterno clandestino, resterà fedele al suo adagio: «L’uomo creativo non deve avere altra biografia, al di fuori delle sue opere». Da qui l’assoluto mistero che lo circonda. Chi è B. Traven? Il fotografo ed esploratore Berick Traven Torsvan? Il contrabbandiere e agente cinematografico Hal Croves? L’attore e rivoluzionario in esilio Red Marut e contemporaneamente il rifugiato politico Otto Freige? Jack London sotto mentite spoglie? Tutte le ipotesi, comprese le più strambe, sono state tentate, per un totale di una trentina di pseudonimi, più o meno altrettanti luoghi e date di nascita e quattro o cinque nazionalità diverse.
«Faccia il favore, tolga di mezzo quel dannato “misterioso” se cita il mio nome o il mio lavoro. Non c’è nessun mistero in me, sul serio, non un briciolo di mistero. Tutto il mio mistero è che odio i columnist, gli scrittori a soggetto, i giornalisti strappalacrime e i recensori che non sanno nulla del libro di cui parlano.
Non c’è gioia e soddisfazione maggiore per me che essere sconosciuto come scrittore quando incontro una persona o vado in un posto. Soltanto in questo modo posso essere me stesso e non essere costretto a recitare».
Pacchetto rivoluzionario
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